DAVIDE CARRERA

Davide Carrera: l’apnea, i record, la pesca sub e il racconto di una brutta avventura…

DAVIDE CARRERA
Nato a Torino il 25 dicembre 1975
Residente ad Andora (SV)
Ex assistente Umberto Pelizzari per 5 anni
Record Mondiale nel 2001 in immersione libera -91
Record Italiano nel 2009 in assetto costante -99

Ciao Davide, inizio con il chiederti di raccontare in breve come è nata la passione per il mare, per l’apnea profonda e per la pesca in apnea?
Da bambino passavo le estati in liguria e li mio nonno, che non credo sapesse neanche nuotare, mi ha trasmesso l’amore per la natura ed il silenzio, poi un pò di curiosità tipica dei bambini, e che per fortuna non ho ancora perso, mi ha portato a spingermi sempre un pò più in là in questo immenso mare che mi ha sempre emozionato, quest’ orizzonte lontano che mi fa sentire piccolo e respirare libertà, l’apnea e la pesca ne sono una conseguenza ovvia.

Sei uno dei pochi italiani che potrebbe partecipare alle competizioni agonistiche  in categoria profondità, commentiamo insieme questo video? Raccontaci per filo e per segno le emozioni/sensazioni  che hai provato, la preparazione e le difficolta’ se ne hai riscontrate.

Sono stato molto contento di quei tuffi alle Bahamas, finalmente avevo trovato uno stato mentale che ricercavo da anni, di solito nelle gare in costante sono sempre riuscito a trovare la calma prima di fare il tuffo, quando ero con lo sguardo nel blu, una situazione vissuta tante volte e che mi ha sempre fatto stare bene e una sorta di silenziosa complicità col mare mi davano la forza di superare le mie paure. Prima però, fuori dall’acqua, di solito ero teso invece li al “vertical blue” ero rilassato anche prima, mi sentivo come un bambino che andava a giocare, libero dai giudizi, con tanta voglia di divertirsi e fregandosene del risultato, con questo approccio è inevitabile provare belle sensazioni in ogni momento, ero molto presente e in ascolto prima e durante il tuffo.

In quei giorni di gara avevo fatto 91 poi 94,96,98 e 99 con la maschera, senza carpare e uscendo sempre tranquillo, ero molto soddisfatto di poter dimostrare ai giovani che lavorando su se stessi, si potevano raggiungere bei risultati in semplicità.

Quel video è stato fatto da un amico con una fotocamera il giorno dei 96 ma mi piacerebbe farvi vedere l’ uscita dei 99, quando ne avrò la possibilità lo metterò sul web.

Grazie alla conoscenza di Umberto Pelizzari sei riuscito a diventare un profondista, se non avessi incontrato Umberto, oggi le cose sarebbero diverse?
Se non avessi incontrato Umberto sicuramente oggi sarei diverso, mi ha permesso di fare moltissime esperienze e mi ha insegnato molte cose soprattutto da un punto di vista umano, la semplicità di un vero campione prima di tutto, poi profondista lo ero già fin da ragazzino, era la mia passione ed il motivo per cui mi sono avvicinato ad Umberto che era il mio idolo, poi al suo fianco sono migliorato molto.

Nei tuoi ultimi record ti sei allenato insieme a Federico Mana, anch’esso forte apneista. Secondo il tuo parere quali sono le motivazioni per cui l’Italia non organizza gare di profondità? o comunque non quanto l’estero?
Penso che sia per delle paure, di prendersi delle responsabilità da parte degli organizzatori e di fare brutta figura da parte degli atleti e poi l’orgoglio di dover assolutamente fare qualcosa di diverso e migliore, a livello di sicurezza, dell’Aida, che secondo me ha già dei sistemi di sicurezza ottimi e semplici. La semplicità in mare è fondamentale perché si ha a che fare con correnti, onde, vento, che sono poi la vita e il bello del mare.

Non vedo comunque l’ora che si riesca di nuovo ad organizzare qualcosa, forza amici, scusate le critiche ma sono per dire che noi atleti abbiamo voglia di scendere e non importa se la prima gara sarà la migliore del mondo, tutto viene con l’esperienza e: “se si aspetta di essere impeccabili per fare una cosa non la si farà mai” detta da uno yogi di cui non ricordo il nome.

Davide tu utilizzi moltissimo lo yoga e tutte le tecniche di respirazione necessarie, pensi che questo tipo di percorso ti abbia aiutato nella tua carriera? Se si perché?
Molto e non solo nell’ apnea ma nella vita in generale, ti aiuta a prendere consapevolezza dell’infinita forza che tutti abbiamo dentro e che le nostre paure limitano notevolmente, a liberarci delle nostre paure e a sorridere di tutto (anche della sfiga).

Cosa fa di un ottimo atleta, un campione?
Credo che ciò che ti fa diventare un campione siano gli stimoli, ciò in cui credi e l’amore per quello che fai, anche zappare la terra o montare caldaie se ci credi ti fa diventare un campione, e se c’è amore per quello che fai anche la fatica diventa piacere e se non c’è amore anche il migliore risultato del mondo non ti farà campione ma solo recordman.

Quale tipo di preparazione respiratoria applichi prima di affrontare un tuffo nel blu?
Ogni volta diverso, non ho una routine, dipende da come mi sento, cerco di ascoltarmi e di fare ciò che mi fa sentire meglio, spesso tra queste cose c’è un po’ di yoga, poi cerco di instaurare un rapporto col mare, di amicizia, complicità, amore.

L’apnea vera è quella che proviene dal mare, cosa ne pensi delle gare che non vengono praticate in mare? Per esempio piscine? Questa domanda è riferita al fatto che tu non affronti gare di questo tipo, senza nulla togliere alle discipline d’acqua clorata.
Secondo me le gare in piscina sono un ottimo mezzo per darsi degli stimoli e allenarsi d’inverno ma poi dovrebbero proseguire in mare nella bella stagione per poter vivere tutte quelle emozioni che il blu profondo ti regala e lavorare ancora più profondamente sulle nostre paure ataviche, allontanarci sempre di più dalla vita-aria e ritornare come risorti dalla profondità, sempre più forti e ricchi.

La statica mi piace molto perché è meditativa, la dinamica proprio non riesco a farmela piacere, se sono a un metro dalla superficie e mi vien voglia di respirare, respiro, come credo che farebbe un delfino, non riesco a stare sotto mi sembra violenza, magari un giorno troverò qualcuno che mi farà piacere la dinamica e imparerò nuove cose, comunque la piscina mi piace, fin da ragazzino ho nuotato molto.

Potresti dare qualche consiglio per poter migliorare le proprie performance apneistiche?
Togliersi l’orologio, liberarsi dai numeri e godere delle sensazioni, rallentare e respirare a fondo, per migliorare non bisogna solo soffrire e andare avanti a testa bassa ma imparare a sentire l’acqua e scivolare.

Uno dei problemi più frequenti negli apneisti è la compensazione, ti sei mai trovato in difficoltà nel compensare?
Credo sia normale provare più difficoltà a compensare quando si raggiungono quote nuove ma credo anche che la maggior parte dei problemi di compensazione vengano da delle tensioni per aver raggiunto tale quota, quindi lavorando sul rilassamento spesso si risolve, molte volte non sentiamo le tensioni e diciamo “ ma io sono rilassato” e invece non lo siamo e se impariamo ad ascoltarci vediamo che non siamo rilassati. La presa di consapevolezza è il primo passo verso il rilassamemento.

Perché non prendi parte alle gare che vengono organizzare all’estero per esempio al fantastico Blue Hole?
Due anni fa ho preso parte al “Vertical blue” e mi è piaciuto molto, l’anno scorso abbiamo avuto un bimbo e mi son dedicato alla famiglia, in futuro se ce ne sarà la possibilità mi farebbe ancora molto piacere, sento che ho ancora tanta voglia di scendere. Però per poter fare certe gare servono degli sponsor perché sono costose e per farle seriamente richiedono un lungo periodo di preparazione passato preferibilmente sul posto.

ORA PASSIAMO DALL’APNEA ALLA PESCA IN APNEA.

A quale età hai iniziato a praticare la pesca in apnea? Come hai iniziato?
Non ricordo l’età a cui ho iniziato ad andare a polpi con la fiocina a mano ma ricordo che il primo arbaletino me lo regalò mio papà per la promozione della 5 elementare a 10 anni, eravamo in Corsica in vacanza e sfamavo la famiglia con le sogliole!

Grazie alle tue capacità apneistiche riesci a pescare in profondità, quote che pochi riescono a raggiungere e che ti permettono di portare a casa fantastici carnieri… quali sono le tecniche di pesca che preferisci?
Mi adatto in base a quello che mi trovo davanti, di solito pesco in caduta e poi faccio un aspetto sul fondo e se vedo apparire qualcosa che non si avvicina vado incontro all’agguato e se qualcosa di interessante si intana pesco in tana.

Hai una preparazione particolare per affrontare la pesca in apnea?
Come per l’apnea, cerco di stabilire un rapporto col mare e gli chiedo di nutrirmi e aiutarmi e anche a tanti amici in cielo chiedo aiuto.

Qual è la preda piu’ grossa che hai mai catturato? Ti ricordi come l’hai catturata?
Una ricciola di 45 kg sparata dalla superficie, stava inseguendo un barracuda in pochi metri ed è sparita insieme al barracuda verso il blu, ho tirato qualche schiaffo sulla superficie e dopo pochi secondi è riapparsa puntandomi, ho cercato di restare calmo e quando è arrivata a tiro ho sparato e l’ ho presa nella spina, quasi bloccata, in pochi secondi l’avevo in braccio, non è stato difficile ma avere un animale così grande appoggiato sulla pancia fa effetto e suscita rispetto.

LE DOMANE SONO GIUNTE A CONCLUSIONE:

Ora vorrei affrontare con te un argomento delicato.

Questa estate hai affrontato in prima persona una brutta esperienza, ti và di parlarcene?

Intanto volevo dire che non sono un prete e se spesso parlo di cose come condivisione e amore è solo perché noto che quando riesco a metterle in pratica sto molto meglio e tutto viene più facile, non sempre però riesco a metterle in pratica e chiedo scusa a tutte le persone che ho fatto soffrire in questa vita.

Quest’ estate, il 31 luglio, in Grecia, ho avuto un taravana; ero stanco, nervoso, sentivo un leggero mal di testa e mi ero idratato poco quel giorno, probabilmente avevo già un residuo di azoto nel sangue dal giorno prima, non mi sono ascoltato, sono andato lo stesso a pescare pensando che mi avrebbe rilassato e che il mal di testa era solo un po di muco che se ne sarebbe andato con i tuffi.

Dopo un paio d’ore pescando tra i 40 e i 45 metri ho avuto una strana sensazione di formicolio alla mano destra, ho pensato al taravana ma mi era stato detto che gente che ne ha avuti tanti aveva notato un fastidio nel guardare la luce, allora ho guardato dritto verso il sole, nessun fastidio, allora forse era solo quel muco che mi comprimeva qualcosa nella testa e che nei prossimi tuffi se ne sarebbe andato e poi tante altre volte avevo pescato più fondo per più ore e per più giorni di fila, non poteva essere un taravana… e invece… ero proprio al limite, bello carico, sentivo anche un po’ freddo, mi sono avvicinato un po’ alla costa, recupero bene, scendo, vedo un pesce, risalgo tutto bene, mi porto sulla verticale del pesce, riscendo, 35mt, faccio un aspetto, poi un piccolo agguato, sparo, una bella cernia dorata ( quella che molti chiamano dotto).

Risalgo stanco ma tranquillo di fiato, dopo pochi secondi sento il formicolio e la mano destra perdere forza, poi la gamba, provo a chiamare marina, la mia compagna, in barca, ancorata a circa 400 mt, non riesco ne a fischiare ne a urlare, anche il labbro destro si sta paralizzando (se ci sarà una prossima volta terrò un fischietto al pallone), ho paura, fin dove arriverà questa paralisi?

Non sono un medico, sono ignorante, non so fisiologicamente cosa può succedere, e se mi prende anche i polmoni, muoio qua in superficie a 400 mt dalla mia famiglia, prego, mi dico “ non avere paura e pensa positivo, aiuta sempre” mi sembra che l’avanzamento della paralisi si sia fermato, c’è un po’ di corrente, ho di nuovo paura, mi può portare lontano, con una gamba completamente morta non riesco ad andare dritto, eppure ho provato tante volte in piscina e ci riuscivo ma la gamba che tenevo ferma volontariamente faceva da timone anche se non me ne accorgevo e riuscivo ad andare dritto, ma qui è morta davvero, sgancio la cintura e mi lascio scorrere la sagola nella mano sinistra, è il mio unico ancoraggio non devo perderla, ora mi rilasso e penso positivo, andrà tutto bene, respiro a fondo, dopo circa 15 min mi sento tornare un po di forza nella parte destra, recupero la cintura e vado verso la barca.

Arrivo, avverto Marina, mi tolgo la muta, bevo acqua e provo a rilassarmi ma sento un mal di testa sempre più forte, provo a chiamare Nikolas Trikilis medico iperbarico greco ma non lo trovo, chiamo Umberto e mi dice che secondo lui è proprio un taravana, mi da il numero di Alex Sarasitis che mi da un sacco di consigli, sia lui che Herbert Nitsch(di cui è sponsor e compagno di pesca) ne hanno avuti di taravana, vado nel posto più vicino dove può arrivare un’ambulanza e mi portano all’ospedale di Lefkada, spiego cosa è successo e che avrei bisogno di una camera iperbarica, mi fanno la tac, non capiscono, da Atene, la camera iperbarica più vicina, dicono che non mi vogliono perché non ero con le bombole e non è possibile sia un’embolia.

Passa il tempo, peggiorano i sintomi, nella notte mi mandano a Ioannina, in mezzo alle montagne, perché è un ospedale neurologico, mi fanno un’ altra tac con liquido di contrasto, vedono l’ischemia, parlando con Trikilis capiscono cosa è successo e mi mandano a Thessaloniko in camera iperbarica finalmente, dopo 28 ore dall’incidente, 7 ore di camera con ricompressione a 30mt e tappe di decompressione, le ultime a ossigeno puro, sono dentro in silenzio, non succede nulla, ho paura, penso di restare paralizzato tutta la vita, penso a cosa fare per mantenere la mia famiglia, ho di nuovo paura, poi penso che qualcosa mi inventerò e sorrido per essere ancora vivo (o semi), quando esco vari amici mi dicono che è normale che per i primi 3-4 trattamenti non vedi grossi risultati, ma che cavolo di scherzi, non potevano dirmelo prima.

Forse sta diventando troppo lunga e vi annoio, comunque dopo 10 giorni di camera son tornato su Colomba (la mia barca) insieme a Marina e Nerò ( la mia famiglia) e pian piano abbiamo ripreso a navigare per portare Colomba su un’isola dove avremmo potuto lasciarla per l’inverno ed ora eccoci a casa a raccontare, ora sto molto meglio.

Dopo questa esperienza penso che:

– se si superano i 30 mt credo sia meglio recuperare di più di quello che dicono attualmente anche i medici iperbarici, loro dicono 3 volte il tempo di immersione, se si sta molto bene possono bastare ma stare qualche min in più non guasta, io mediamente stavo 7-8 min con tuffi di poco più di 2 min ma quella volta non è bastato.

– se si è stanchi e nervosi meglio non andare troppo fondi ( sembra ovvio ma non sempre è facile limitarsi quando siamo davanti a un bel mare).

– se si ha una bombola di ossigeno con erogatore da immersione (attenzione: sempre per ossigeno) in caso di incidente, avendo assistenza preparata, si può fare una decompressione e molto probabilmente eliminare subito il problema, più tempo passa prima di essere ricompressi peggio è, un caro amico di cui non faccio il nome per sua volontà ha avuto due mesi dopo di me lo stesso incidente con gli stessi sintomi, aveva la bombola di ossigeno a bordo, ha chiamato il barcaiolo e dopo 2 min era gia a 5 mt, dopo 5 min aveva recuperato completamente l’uso della gamba e del braccio, e rimasto altri 20 min e la sera era a casa come se nulla fosse accaduto, io dopo 4 mesi sono ancora qui a fare attenzione a quello che faccio.

– se gli ospedali, soprattutto quelli con camere iperbariche fossero più informati, magari farebbero perdere meno tempo e si recupererebbe più in fretta e meglio…

Grazie di tutto Davide.

A cura di Jimmy Muzzone